GIOCO: LA SUA IMPORTANZA
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IL SENSO DEL GIOCO… brevissime riflessioni Questa breve ricerca preparata per un convegno biblico di donne è stata presentata dall’autrice, ma può anche essere usata per far riflettere adolescenti o monitori sul concetto del gioco aggiungendo o togliendo slide a seconda delle persone che ascoltano. |
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Nel linguaggio corrente la parola "gioco" indica un'attività gratuita, più o meno fittizia che procura un piacere di tipo particolare. Questa attività è anche chiamata ludica, termine che deriva dal latino ludus = gioco.
Il gioco è significativo per lo sviluppo intellettivo del bambino, perché il bimbo, quando gioca, sorprende se stesso e nella sorpresa acquisisce nuove modalità per entrare in relazione con il mondo esterno. Nel gioco il bambino sviluppa le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali.
A secondo dell'età, il bambino nel giocare impara ad essere creativo, sperimenta le sue capacità cognitive, scopre se stesso, entra in relazione con i suoi coetanei e sviluppa quindi l'intera personalità.
Il gioco favorisce:
Lo sviluppo affettivo
Lo sviluppo cognitivo
Lo sviluppo sociale
Al di là delle diverse correnti di pensiero, risulta evidente come il gioco sia altamente significativo per la crescita del bambino, perché svolge una funzione strutturante dell'intera personalità.
Il gioco ha un alto valore evolutivo, perché stimola cognitivamente il bambino e permette l'accesso al suo mondo interiore.
Ciò che riteniamo doveroso sottolineare è che il compito di analizzare, o quanto meno di cercare di valutare il comportamento dei bambini, attraverso il gioco, non è ad appannaggio dei soli studiosi ma deve coinvolgere in prima persona sia i genitori che gli educatori. Essi, innanzi tutto, devono trovare il tempo da dedicare al gioco dei loro figli, per dare loro l'opportunità di misurare e sviluppare le proprie risorse e le proprie potenzialità. Del resto, i bambini reagiscono con entusiasmo alla disponibilità dei genitori a giocare con loro: lo scoprire che possono mostrare interesse e che possono coinvolgersi in un'attività da loro considerata seria, è motivo di grande felicità ed è un modo che consente loro di rafforzare il senso di sicurezza e protezione. La capacità dei genitori di giocare con i propri figli è sicuramente un buon indice di armonia familiare, così come la capacità di giocare da parte degli educatori con i bambini, garantisce a questi ultimi una sensazione di benessere psichico oltre a costituire la condizione di base per consentire loro di sviluppare una buona capacità ludica.
In ogni caso è necessario garantire e restituire ai bambini il tempo e lo spazio per dare libero sfogo a tutte le loro pulsioni interne e assicurare loro una certa complicità senza svestirsi del ruolo di guide.
Oggi tutti i documenti internazionali affermano il diritto al gioco del bambino che viene proclamato come bisogno prevalente e vitale dell'infanzia, motivato da esigenze e implicazioni di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale e basato sul riconoscimento della pienezza umana in ogni fase della vita.
C'è solo da augurarsi che tanto interesse verso le esigenze del mondo dell'infanzia trovi come corrispettivo anche un adeguato e pratico impegno sociale e politico in termini di creazione di spazi e di infrastrutture sempre più consoni alle richieste ludiche dei bambini.
Wendy Russell e Stuart Lester, ricercatori presso l'Università del Gloucestershire (Inghilterra) affermano che il gioco appartiene ai bambini. Gli adulti non devono essere invasivi e imporre al tempo del gioco una rigida programmazione. E nemmeno organizzare e proporre luoghi e attività che segregano i bimbi controllando il gioco.
Il gioco non è un 'mero passatempo' perché contribuisce al benessere di ogni bambino (e ragazzino), da un punto di vista fisico, cognitivo, sociale ed emotivo-affettivo.
Giocare, infatti, permette ai bimbi di esprimere la loro creatività, l'immaginazione e di cimentarsi in nuove conquiste, alimentando l'autostima (e vincendo così ansie e paure).
Oggi, dunque, l'importanza del gioco per l'infanzia non è messa in discussione, anche quello più spensierato, non è mai solo divertimento fine a se stesso, aiuta i bimbi a crescere sotto tanti aspetti (fisico, cognitivo, relazionale, sociale, affettivo).
Ma questa convinzione, ora comune tra gli esperti e studiosi dell'infanzia pur se con accenti diversi, non ha sempre avuto lo stesso peso e valore.
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Vecchi giochi sempre attuali - (Si può chiedere quali sono i giochi che secondo loro sono i più usati dai ragazzi)
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Ci sono giochi ai quali si è affettivamente legati. Fra i miei vecchissimi ricordi c’era quello di un gioco di carte. Ricordavo unicamente alcune figure e finalmente dopo diverse ricerche ho trovato in vendita queste carte da gioco, chiamato La Bugia, che la Cibalgina pubblicato nel 1947 e che dava in omaggio. I bambini di oggi avrebbero un po’ di difficoltà nel riconoscere molte di queste immagini, ma per me era un gioco della mia prima infanzia e quindi il suo valore era grande. (Marcella)
(Si può sostituire questa slide con la foto di un gioco al quale l’insegnante è affettivamente legato)
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Giochi ai tempi di Gesù
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UN «GIOCATTOLO» MOLTO PARTICOLARE
Il gioco del sevivòn, la tradizionale trottola, ha una storia antica. Il sevivòn ha quattro lettere dell’alfabeto ebraico sui suoi lati. In Israele le lettere sono nun, gimmel, hei e pei un acronimo per Nes Gadòl Hayà Pò, un grande miracolo è accaduto qui. Nella Diaspora le lettere sono nun, gimel, hei e shin ovvero nes gadol hayà sham—un grande miracolo è accaduto lì.
Per giocare si distribuiscono ai giocatori delle monete oppure delle noci o dei cioccolatini. Tutti mettono una moneta in mezzo al tavolo e a turno girano il sevivòn. Se si ferma sul lato della nun, non si vince ne si perde, sulla gimel, si vince l’intero ammontare dei soldi, sulla hei si vince metà e se cade sulla shin si deve mettere un soldo in mezzo.
Oggigiorno è un modo simpatico di giocare in famiglia durante Chanukkà, ma migliaia di anni fa si trattava di un gioco di vita o di morte.
Il Re Antioco Epifane (215 -164 circa a.C) dopo aver conquistato la Palestina ordinò a tutta la gente ebrea di rinunciare al loro Dio e ai loro costumi, dovendo onorare solamente gli dèi greci. Il tempio di Gerusalemme fu distrutto e profanato. Tutte le persone che si rifiutavano di abbandonare la loro religione, venivano severamente punite.
I greco-siriani miravano a convertire gli ebrei ai loro modi pagani con metodi ‘soft’ ma quando videro che gli ebrei rimasero forti nelle loro credenze (tranne una piccola percentuale che si associò all’Ellenismo) adottarono tattiche più forti ed oppressive. Proibirono lo studio della Torà come studio religioso, come l’esecuzione di molti comandamenti rituali come la circoncisione e l’osservanza dello Shabbat. Gli Ebrei non ebbero altra scelta che studiare la Torà di nascosto.
Essi studiavano nei boschi e nelle zone poco abitate, ma il nemico aveva numerose pattuglie che controllavano tutte le zone. Perciò gli ebrei portavano piccole trottole appresso, appena sentivano una pattuglia arrivare nascondevano i testi di Torà e tiravano fuori le trottole fingendo di giocare. Questo raggiro aiutò a mantenere salda la tradizione di studiare Torà.
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Uno dei giochi che i bambini hanno sempre fatto e che continueranno a fare è il gioco dell’imitazione. In Matteo 11:16-17 Gesù ne fa riferimento
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Elena Pirazzoli E' solo un gioco? 27 gennaio 2012 Rivista Il Mulino
All'inizio di dicembre la "Frankfurter Allgemeine Zeitung" riportava come, nel corso dell'inchiesta sul gruppo neonazista tedesco Clandestinità nazionalsocialista (Nsu, Nationalsozialistischer Untergrund), fosse emerso che una delle formule escogitate per autofinanziarsi passava attraverso la progettazione e la realizzazione di un gioco da tavolo. Pogromly, ideato nel corso degli anni Novanta e ricalcato su Monopoly, presentava, invece del solito Parco della Vittoria, toponimi come Auschwitz e Dachau, una svastica nella casella del via, stelle di Davide e simboli SS. Venduto a 100 marchi la scatola, il gioco ha contribuito sia a fare cassa, sia a diffondere idee antisemite e razziste da parte di un gruppo cui si imputa una decina di incendi dolosi contro case di immigrati turchi. Estremisti violenti da cui forse ci si aspettava poco questa sorta di divertissement nazista, foss'anche a scopo di lucro.
Tuttavia, non va dimenticato che i giochi da tavolo hanno avuto un ruolo già sotto il nazismo: è il 1936 quando la ditta Günther & Co. di Dresda mette in vendita Juden raus!, gioco in cui le pedine – omini abbigliati come nel medioevo – devono percorrere i tracciati interni di una città cinta da mura cercando di raggiungere, privare delle proprietà e catturare il maggior numero di ebrei – rappresentati come coni gialli con raffigurata l'effigie di un viso deformato in smorfie – calzandoli come cappelli. Chi raggiunge la quota di sei e riesce a cacciarli dal paese mettendoli in viaggio per la Palestina è dichiarato vincitore. Il gioco fu realizzato l'anno successivo all'emanazione delle leggi di Norimberga, tuttavia non per iniziativa del regime, ma da parte di una zelante azienda, approfittando dell'occasione per creare (e soprattutto vendere) uno strumento di diffusione tra i bambini della cultura antisemita e di un possibile progetto risolutivo alla “questione ebraica”. Purtroppo per Günther & Co., le SS non giudicarono positivamente l'idea, tacciandola, sulla rivista "Das Schwarze Korps", di trivializzare gli ideali razziali (ovvero razzisti) solo a scopi di vendita.
Non conosciamo quindi l'effettivo successo di Juden raus!, ma sappiamo che non fu l'unico gioco prodotto negli anni del nazismo: nel periodo bellico ne seguirono altri, che tuttavia furono in realtà dei più consueti “giochi di guerra”, anche se maggiormente raffinati rispetto ai soliti soldatini, in cui si doveva bombardare l'Inghilterra o dare la caccia ai ladri di carbone (testimoniando due fasi ben diverse del conflitto). Sono pochissimi gli esemplari di Juden raus! visibili oggi: uno è conservato presso il Museum of Jewish Heritage di New York, l'altro nella Wiener Library di Londra, appena riaperta nella nuova sede di Russel Square: una ricca raccolta di documenti, pubblicazioni, fotografie e oggetti sul nazismo e, come i curatori tengono a sottolineare, il più antico archivio sulla Shoah. Il suo fondatore, Alfred Wiener, era un ebreo tedesco che nel 1933 si rifugiò ad Amsterdam, dove fondò il Jewish Central Information Office con lo scopo di raccogliere informazioni sulle attività naziste, in particolare quelle antisemite. Nel 1939 il suo archivio venne spostato a Londra e le informazioni messe a disposizione degli inglesi, dell'intelligence e anche dei media. Negli anni che seguirono la fine del conflitto l'archivio continuò a crescere, raccogliendo oggetti, documenti e testimonianze. Tra questi anche i materiali nazisti rivolti ai bambini, come i libri e i giochi.
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GIOCO DA TAVOLO DEL 1946
Tuttavia, non va dimenticato che i giochi da tavolo hanno avuto un ruolo già sotto il nazismo: è il 1936 quando la ditta Günther & Co. di Dresda mette in vendita Juden raus!, gioco in cui le pedine – omini abbigliati come nel medioevo – devono percorrere i tracciati interni di una città cinta da mura cercando di raggiungere, privare delle proprietà e catturare il maggior numero di ebrei – rappresentati come coni gialli con raffigurata l'effigie di un viso deformato in smorfie – calzandoli come cappelli. Chi raggiunge la quota di sei e riesce a cacciarli dal paese mettendoli in viaggio per la Palestina è dichiarato vincitore. Il gioco fu realizzato l'anno successivo all'emanazione delle leggi di Norimberga, tuttavia non per iniziativa del regime, ma da parte di una zelante azienda, approfittando dell'occasione per creare (e soprattutto vendere) uno strumento di diffusione tra i bambini della cultura antisemita e di un possibile progetto risolutivo alla “questione ebraica”. Purtroppo per Günther & Co., le SS non giudicarono positivamente l'idea, tacciandola, sulla rivista "Das Schwarze Korps", di trivializzare gli ideali razziali (ovvero razzisti) solo a scopi di vendita.
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Pogromly, ideato nel corso degli anni Novanta e ricalcato su Monopoly, presentava, invece del solito Parco della Vittoria, toponimi come Auschwitz e Dachau, una svastica nella casella del via, stelle di Davide e simboli SS. Venduto a 100 marchi la scatola.
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Autore nel 1996 (proprio quando Uwe Mundlos, Uwe Böhnhardt und Beate Z. di Nsu elaboravano Pogromly) di un'opera che ha suscitato polemiche alla sua apparizione: Lego Concentration Camp.
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Non sappiamo se conoscesse questi svaghi nazisti l'artista polacco Zbigniew Libera, autore nel 1996 (proprio quando Uwe Mundlos, Uwe Böhnhardt und Beate Z. di Nsu elaboravano Pogromly) di un'opera che ha suscitato polemiche alla sua apparizione: Lego Concentration Camp. Una serie di kit dei famosi mattoncini colorati in grado di riprodurre le diverse articolazioni di un campo di sterminio, dai crematori alle baracche, ai Kanada traboccanti di abiti (che per un omino Lego significa l'intero busto o le gambe, accentuando l'orrore). L'intento, tuttavia, era assolutamente contrario sia a una presa in giro banalizzante, sia all'adesione derisoria: anzi, si trattava di un serissimo progetto per mostrare come i campi fossero realizzati per moduli, potenzialmente estensibili all'infinito, costruibili in breve tempo in tutti i luoghi in cui ci fosse un contesto favorevole, come la presenza di linee ferroviarie e materie prime da sfruttare. Moduli riproducibili anche adesso, volendo, soprattutto grazie alla facilità di progetto e montaggio studiata e sperimentata dai tecnici nazisti, ma, in altre forme e modalità, anche in vicende precedenti (la guerra anglo-boera), parallele (gulag) o successive (negli anni Novanta, come non avere negli occhi i campi in ex-Jugloslavia e gli uomini ridotti a scheletri?)
Facciamo attenzione ai giochi, sono una cosa seria.
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E se Auschwitz diventasse un gioco?
Nel variegato ed eterogeneo store di Google Play, da oggi per i dispositivi Android è disponibile un gioco che ricrea la vita all’interno dei campi di concentramento. Si chiama Campo di Auschwitz Online l’app creata dalla Trinit.es, scuola professionale spagnola con sede a Saragozza, che invita l’utente a “giocare” a Auschwitz proprio come un vero juif, ebraico.
L’idea è quella di simulare la vita all’interno di Auschwitz. Una stella di Davide campeggia sulla schermata iniziale. Un binario ferma davanti al lager. Due soldati in divisa Wehrmacht. E in alto la macabra scritta “Auschwitz concentration camp”.
Campo di Auschwitz Online è inserito nella categoria “gioco di ruolo”. Ma quale ruolo è chiamato a ricoprire l’utente, non è del tutto chiaro. Quello dell’ebreo o quello del nazista? Una musica pensata ad hoc accompagna il giocatore in un viaggio all’interno dei forni crematori e delle camere a gas.
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Sviluppo affettivo: gestire la rivalità, competizione, emozioni, frustrazioni, onestà, perseveranza, comunicare
Sviluppo cognitivo: Imparare – Ricordare – Educare
Sviluppo sociale: Relazione con altri – Esprimere proprie idee Impara la cooperazione
Creatività: Il gioco non è statico, implica il fare, espone ai cambiamenti
Immaginazione: ci aiuta a creare
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Nelle scuole si fa uso del gioco per insegnare, ripassare, far riflettere ecc. così è utile farlo anche per le verità bibliche che desideriamo comunicare e insegnare. Oltre che nelle librerie anche sul web vi è molto materiale e spesso è gratis.
NOTE: Queste note possono essere il punto di partenza per un approfondimento sui giochi descritti nelle slide dal 9 al 13