CATECHESI E MULTIMEDIALITA'
di Luciano Zappella
Luciano Zappella non ci invita, in questo articolo, a usare tutti il computer nella catechesi dei bambini Quando l’A. parla di linguaggio multimediale, intende significare una mentalità multimediale: la parola non e l’unico veicolo di comunicazione fra noi e i bambini e le bambine.. Anzi, i bambini sono proprio un esempio di multimedialità: la parola, i suoni, le immagini, i sentimenti sono inseparabili nella loro vita. La nuova realtà multimediale nella quale, volenti o nolenti, ci troviamo immersi, ci invita e ci aiuta a riflettere in questa direzione.
I linguaggi della comunicazione
L’intento di queste note e di evidenziare come i nuovi strumenti della comunicazione non siano ne da idolatrare ne da demonizzare, bensì da assumere criticamente come più efficaci strumenti per la trasmissione delle conoscenze. E’ sempre più urgente, infatti, porre sullo stesso livello i vari linguaggi della comunicazione: accanto alla lingua scritta veicolata dal libro, la lingua dell’audiovisivo, del suono, dell’immagine, in sostanza della interattività. Ma e anche sul piano della formazione religiosa – predicazione, catechesi, liturgia - che le nuove forme di comunicazione spingono a una profonda riconsiderazione delle modalità di trasmissione del messaggio cristiano. Verrebbe da dire che e ovvio che gli eredi e i continuatori di quella Riforma, per la cui diffusione l’a1lora nuovo medium della stampa ha giocato un ruolo fondamentale, si debbano porre in gioco nel riformulare il proprio messaggio a partire dalle nuove tecnologie che oggi ci si offrono.
La rivoluzione informatica e le sue conseguenze sul sapere
Un rapido sguardo alla storia dell’umanità e sufficiente per constatare come l’essere umano abbia progressivamente trasformato e ampliato le vie dell’intelligenza, dell’esperienza e della conoscenza tramite il supporto di un determina- to medium: il tam-tam, la tavoletta di terracotta, il rotolo, il libro, il telefono, il fax, il computer, Volendo riassumere un po’ brutalmente un percorso assai articolato, sono sostanzialmente quattro le tazze in cui si è svolta la storia della comunicazione umana, ognuna caratterizzata da crisi più o meno lunge di passaggio: l'oralità, la scrittura, la stampa, il cyberspazio (1). E’ evidente come a ogni cambiamento delle modalità di trasmissione del sapere corrisponda un diverso rapporto con la conoscenza. Per quanto concerne l’odierna rivoluzione informatica, sottolineerei due caratteristiche fondamentali, da cui discendono inevitabili conseguenze prati- che. La prima caratteristica e la velocità: non solo la velocità con la quale le macchine ci consentono determinate operazioni, ma soprattutto la velocità con la quale si affermano e si affinano, per poi essere rapidamente superate, le nuove forme di conoscenza. La conseguenza pratica che ne deriva e la necessita di un continuo aggiornamento, il quale peraltro non riguarda soltanto il campo specifico dell’informatica. La seconda caratteristica e costituita dal fatto che le nuove tecnologie digitali e informatiche determinano un’estensione delle nostre capacità di conoscenza e dei nostri limiti spazio-temporali: le banche-dati, la nostra memoria; i sistemi di realtà virtuale, la nostra immaginazione; Internet e l'E- mail, il nostro desiderio/necessita di comunicare a distanza. La conseguenza pratica che ne deriva e l'urgenza di rivedere principi pedagogici e di conoscenza che sono stati elaborati in un’epoca nella quale i processi di conoscenza erano diversi da quelli attuali.
La multimedialità e l’ipertesto
Penso che un esempio concreto possa spiegare in cosa consista la multimedialità. Se fino a un po’ di tempo fa’ l'edicola era essenzialmente un contenitore monomediale, adesso ci si accorge che e un contenitore multimediale; se infatti prima si usciva dall'edicola con la classica mazzetta dei quotidiani e delle riviste, adesso si esce con il giornale, la videocassetta, il floppy disc, il CD Rom. Può piacere oppure no, ma è questo il panorama che ci troviamo di fronte. Su un piano più teorico si potrebbe definire la multimedialità come l'incrocio simultaneo di diversi linguaggi, veicolati da media diversi che finiscono per coinvolgere le diverse sfere sensoriali e intellettive dell'essere umano. Le ricadute sul sapere sono presto dette: da un modello conoscitivo legato al libro, di tipo lineare, analitico e sistematico, si passa a un modello di tipo multilineare, compartecipativo e modulare.(2) Tale passaggio si concretizza nella forma dell'ipertesto.
Quali le caratteristiche dell’ipertesto? Direi soprattutto due. In primo luogo l'ipertesto allarga il concetto tradizionale di testo, il quale non e soltanto, come si pensa abitualmente, testo stampato, ma anche testo visivo e sonoro. In secondo luogo, l'ipertesto, proprio per la sua struttura, fa vedere (anzi, toccare) la caratteristica fondamentale di qualsiasi testo, cioè il suo essere l'intreccio di tanti fili (quelli che nella terminologia informatica si chiamano links). Si potrebbe, dunque, definire l'ipertesto come un testo, composto da blocchi di scrittura, di immagini e di suoni collegati fra loro, che consente una lettura multilineare e multisequenziale. In sostanza: mentre il testo e unilineare (lo si legge dall’inizio alla fine) e monomediale (parola scritta), l'ipertesto e multilineare (si possono scegliere tanti percorsi) e multimediale (parola scritta, immagine, suono). L’ipertesto determina quindi il passaggio da un sapere testuale monomediale, basato sull’opposizione tra scritto e orale, a un sapere ipertestuale multimediale, basato invece sulla compresenza di scritto, orale e visivo; il primo opera per astrazione, il secondo per immersione.(3)
L’annuncio cristiano
Allorché Gesú proclama l’annuncio del Regno fa ricorso a un linguaggio parabolico: ”A che paragoneremo il regno di Dio, o con quale parabola lo rappresenteremo?” (Mc. 4,30). Come è noto, la parabola e un discorso figurato che, a partire da un elemento concreto (il significante, nel nostro caso il granello di senape), rimanda a un elemento concettuale (il significato, il regno di Dio). Gesú quindi non intende dimostrare, bensì raffigurare. Analogamente, quando Paolo proclama il suo annuncio (Gesú Cristo, figlio di Dio, crocifisso, risuscitato e destinato a tornare), non intende spiegare, bensì dis-piegare (cfr. I Cor, 2,4-5).
Figuratività e debolezza sono dunque – a mio parere - i tratti distintivi dell’annuncio cristiano; in questo consiste il suo essere buon annuncio . Sia Gesú sia Paolo, mentre, da un lato, non rifuggono dal sistema comunicativo incarnato nella prassi dei loro ascoltatori (racconto figurato, epistola), dall’altro, inseriscono il loro messaggio di novità proprio in quel sistema comunicativo, finendo cosi per rinnovare il sistema comunicativo stesso. Per dirla altrimenti: non usano un altro linguaggio, ma un linguaggio altro, cioè un linguaggio che, nella debolezza de]la parola, rivela la potenza del messaggio. Agisce, insomma, nel messaggio cristiano, una dimensione di adattamento e, al tempo stesso, di contestazione (essere nel mondo – contestualizzazione – ma non del mondo - contestazione). È tale modalità di trasmissione che, secondo me, occorre tenere presente nel discorso catechetico; ed e tale modalità che un approccio multimediale può favorire.
Per una catechesi multimediale
Nella Prefazione al suo Piccolo Catechismo, Lutero fa queste raccomandazioni ai predicatori: ”Con i giovani attieniti a una formulazione precisa, sempre uguale, e insegna anzitutto i Dieci comandamenti, il Credo, il Padre nostro, in base al testo e parola per parola, in modo che anch’essi possano ripeterli e impararli a memoria (...) In secondo luogo, quando conoscono bene il testo, se ne insegni anche il significato, in modo che capiscano ciò che afferma”.(4) Non c’e persona che leggendo queste parole non si renda conto del modello culturale che esse presuppongono: una trasmissione del messaggio cristiano basata sulla centralità del testo scritto – quindi lineare e concettuale - considerato come fonte prima, immutabile e autoritativa di conoscenza. Da buon figlio del suo tempo, Lutero non poteva che collocare al centro di tutto il libro, che la sempre più massiccia diffusione della stampa poneva come strumento insostituibile. Oggi queste parole meritano di essere ricomprese alla luce delle nuove acquisizioni teoriche sulla comunicazione e dei supporti tecnologici che ne stanno alla base.
Oggi si insiste molto sul fatto che la fede, prima che dato teorico, e esperienza; prima che attraverso la mente, passa attraverso il corpo, coinvolge tutti i sensi e ha a che fare con il simbolico. Non è forse questa la modalità prima con cui il bambino si accosta al mondo? E non e forse questo il motivo per cui Gesú ha detto ”se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt. 18,3) e ”lasciate i bambini, non impedite che vengano da me, perché il regno dei cieli e per chi assomiglia a loro” (Mt. 19,14)? Se ciò e vero, allora la catechesi(5) devo essere sia esperienza sia trasmissione di un’esperienza, deve cioè porsi come sapere di un’esperienza ed esperienza di un sapere: deve far vedere, far toccare, far sentire. In questo senso, mi sembra di poter affermare che oggi la catechesi o e multimediale o corre il rischio dell’inefficacia. E ciò per almeno due motivi.
Anzitutto, perché l'approccio multimediale e tipico del bambino (e di chi e rimasto bambino): egli, infatti, a differenza dell’adulto (il quale mette in atto una strategia di controllo razionale tipica del testo scritto), si rapporta a se stesso e al mondo tenendo aperti, per cosi dire, tutti i canali comunicativi (vista, udito, tatto), secondo una comunicazione di tipo modulare. Il bambino e naturalmente multimediale.(6) Da qui la necessita, per l'adulto che non voglia abdicare al suo ruolo di formatore, di entrare in consonanza con l'essere multimediale che gli sta di fronte (farsi bambino, cioè multimediale, come lui e insieme a lui). L’approccio multimediale, con le sue caratteristiche di multilinearità, interattività e modularità, si pone dunque come più efficace strumento per entrare in contatto con la mentalità del bambino; ne consegue che non si tratta semplicemente di usare anche per la catechesi degli strumenti multimediali (”cosi stiamo al passo con i tempi”), pensando che basti una mera sostituzione del mezzo cartaceo con un mezzo audiovisivo; si tratta invece (e qui viene il difficile) di mettere in atto un cambiamento di mentalità che spinga a ridefinire nuove forme di esperienza, basate non tanto su un sapere critico e sistematico (cosi distante ed estraneo per un bambino), quanto su un sapere partecipativo e condiviso (la fede non e forse partecipazione e condivisione?).È anche evidente che, se la Parola può e deve passare attraverso una macchina, la mediazione decisiva rimane pur sempre quella di una persona che vive questa Parola. nella quotidianità dell’esperienza. Ma e il secondo motivo che mi sembra determinante. Non c’e ormai più scienza umana che non ponga in risalto come il primo contatto con il mondo da parte del bambino non sia di tipo linguistico-concettuale, bensì gestuale e mimico; e tuttavia anche l'adulto si trova di fronte a esperienze (per esempio, l'esperienza d’amore e l'esperienza di fede) le quali non possono essere afferrate se non per mediazione simbolica, cioè attraverso segni che, mostrando il visibile, svelano l'invisibile, e, dicendo il dicibile, rivelano l'ineffabile. Ora, il ruolo fondamentale di questa mediazione simbolica (unione di invisibile e visibile) e il corpo, paradigma cristiano per eccellenza (il Iogos che si incarna). Ma anche il rito e il luogo della mediazione simbolica, perché il rito (e quindi anche il rito cristiano) non appartiene all’ordine della conoscenza, bensì a quello pratico, non si tratta di un pensare, ma di un fare (un fare però che da a pensare). Il rito – si potrebbe dire - è multimediale. Certo, in se, il rito non salva, è esteriorità, e semplice spettacolo se non e accompagnato dalla fede (da qui la polemica di Lutero). Tuttavia, mi sembra che, nell’ambito della catechesi (e non solo quella dei fanciulli), sia importante recuperare la dimensione rituale, da intendersi, non come ritualizzazione del banale e dell’ovvio, ma come modalità comunicativa che recupera la dimensione narrativa, esperienziale e corporea dell’essere umano. In questo senso, l'approccio multimediale (da non intendersi solo - lo ribadisco – come uso di strumenti multimediali), proprio per le caratteristiche di multilinearità, interattività e modularità sopra ricordate, rappresenta la strada obbligata.
Conclusione
Da quanto detto sin qui, penso di poter dire che la catechesi può essere multimediale, nel senso qui esposto, se, all’uso degli strumenti specifici della tecnologia multimediale, affianca:
1, la mediazione corporea (si impara non solo con la mente, ma anche con tutto il corpo);
2. la dimensione rituale (i segni non sono puri abbellimenti, ma rimandano a un’estetica della conoscenza);
3. la dimensione comunitaria (la catechesi non può essere demandata ai soli monitori, ma e azione formativa di tutta la comunità);
4. il passaggio dalla modalità testo alla modalità ipertesto (la Bibbia stessa non e forse un grande ipertesto?)
5, l'intimo rapporto tra catechesi e liturgia (la dimensione rituale riguarda tanto l'una quanto l'altra);
6. la dimensione festiva (la catechesi dovrebbe far recuperare il significato profondo della festa quale sospensione del tempo ordinario perché e Dio il Signore del tempo). (7)
1.Cfr. per un approfondimento W. J. Ong, Oralita e scrittura, Il Mulino, Bologna 1986; M. Baldini, Storia della comunicazione, Newton Compton, Roma 1995; A. Mattelart, L’invenione della c.omunicazione Le vie delle idee, Il Saggiatore, Milano 1998.
2.Cfr. R. Maragliano, Nuovo manuale di didattica multimediale, Laterza, Roma-Bari 1998, pp 5-29.
3. Per gli opportuni approfondimento dei dati qui appena accennati, cfr. G. P. Landow, Ipertesto. II futuro della scrittura. La convergenza tra teoria letteraria e tecnologia informatica, Baskerville, Bologna l993; M. Ricciardi (a cura), Oltre il testo: gli ipertesti, Franco Angeli, Milano 1996; S. Penge, Storia di un ipertesto. Leggere, scrivere e pensare in forma di rete, La Nuova Italia, Firenze 1996.
4. M. Lutero, II piccolo catechismo, in: Opere scelte, I, a cura di F. Ferrario, Claudiana, Torino 1998, p. 57 (corsivi miei).
5. Si tenga presente che il sostantivo catechesi deriva dal verbo greco katecheo, che significa letteralmente far risuonare nelle orecchie.
6.Introdotta da N. Negroponte (Essere digitali, Sperling k Kupfer, Milano 1995), secondo il quale qualunque individuo non può che essere multimediale, quest’idea e sviluppata da R. Maragliano, Esseri multimediali. Immagini del bambino di fine millennio, La Nuova Italia, Firenze 1996.
7.”>Circa questi ultimi due aspetti, cfr. E. Genre, Per una riforma dei nostri percorsi catechetici, in La Scuola domenicale, CIII/3 (1997), 346-347.