IL PAESE DEI GIRASOLI
(Un racconto che illustra la parabola del Figlio Prodigo)
(Bianca Redolfi)
Buongiorno ragazzi! Siete pronti ad ascoltare un'altra storia? ...ma non nel senso che ve ne racconto un'altra, ossia una nuova dopo quelle vecchie, ma nel senso che ve ne racconto una diversa dalle altre... avete capito o non avete capito???
Allora mi spiego meglio... tutte le storie normali cominciano così: ”C'era una volta...” Vero? Invece questa, pensate, inizia proprio la volta che non c'era... già la volta che non c'era niente, ma niente di niente; non c'era il tempo, non c'erano la luce e il buio, non c'era lo spazio, capito! Non c'era niente, anzi non c'era neanche il niente... fino a quando il gran fattore.... Ehi ma sapete cosa vuol dire fattore???
Allora, vi aiuto un po'.... lo scrittore è qualcuno che scrive; lo sciatore è qualcuno che scia; il guidatore è qualcuno che guida; il lettore è qualcuno che legge; il corridore è qualcuno che corre... il fattore, dunque, è qualcuno che FA! Fa, fa, ma cosa fa???? Tutto! Il nostro buono e grande fattore fece, la volta che non c'era niente, tutto, ma non tutto insieme, tutto con ordine. Prime fece luce in mezzo al buio, poi fece l'acqua tra le terre e poi ci mise tanti animali e tante piante ed è proprio qui che si svolge la nostra storia. Quando, tra le piante e le erbe, mise i fiori, tante specie di bellissimi fiori, almeno così erano per il gran fattore: tutti belli e con un compito preciso. E il compito dei fiori non è di poco conto, sapete? Perché i fiori servono per tantissime cose... ad esempio servono per, per adesso ve lo dico, state attenti, … ho un lapsus momentaneo ma adesso vi dico.... ehi! Ma a cosa servono i fiori???
Servono a produrre i frutti: molti fiori si trasformano in frutti, nelle ciliegie, nelle fragole...; servono a produrre il polline che viene raccolto dalle apine, le bottinatrici, che volano di fiore in fiore, riempiono le loro borsette e tornano all'alveare piene zuppe, anche nelle zampine, di polline e così poi noi mangiamo il miele millefiori...formato appunto dal polline di tanti fiori; e poi non dimentichiamo che i fiori servono anche a dire delle cose, delle belle cose: ad esempio quando un ragazzo è innamorato di una ragazza cosa fa per dirglielo, per farglielo capire o per farla innamorare ancora di più, secondo voi??? Le regala un mazzo di carciofi, con qualche spinacio o broccoletto???
Provate!!! Provate a regalarglieli e vedrete cosa vi fa la vostra fidanzata, perché quegli ortaggi non servono per dire “ti voglio bene”, ma per fare il minestrone! Per dire “ti voglio bene” si regalano solitamente, delle rose rosse, delle orchidee, dei fiori delicati...; con le margherite poi si tirano i petali, dicendo m'ama non m'ama, m'ama non m'ama...
E poi, con i fiori si fanno i profumi: il profumo alla violetta, alla rosa, alla camelia... e con i profumi dei fiori si profumano le saponette, i bagnoschiuma... così anche noi profumiamo come i fiori, perché noi non siamo capaci di produrre del profumo con il nostro corpo... vi sembra profumo quello che producono i nostri piedi? O le nostre ascelle? Blehhh!!! meno male che ci sono i fiori!!! Insomma il grande e buon fattore dipinse la terra con i meravigliosi colori dei fiori: il giallo dei narcisi, il bianco delle stelle alpine, il rosso dei papaveri, l'azzurro dei fiordalisi, il viola delle viole... Tutti ugualmente belli e utili, almeno agli occhi del fattore. “Vi ho fatti diversi, con altezze diverse, con colori diversi e con compiti diversi ma, ricordate, per me siete tutti ugualmente belli e preziosi! E io non vi abbandonerò mai”
E loro, i fiori o meglio i girasoli, non lo dimenticarono... quasi tutti. Già perché la storia si svolge proprio in un campo di girasoli. Sapete cosa sono i girasoli? Sono dei fiori particolari: alti, con uno stelo magro magro e con una corolla grandissima. All'inizio, quando il girasole è piccolo, la corolla interna è marrone, pelosa, circondata da tanti piccoli petali verdi ma poi, crescendo, non solo diventa alto, i suoi peli si trasformano in semi disposti in un modo straordinario che si chiama sezione aurea e tutto attorno ai semi crescono dei meravigliosi petali gialli come il sole. Ma non è per questo che i girasoli si chiamano così, non perché sono gialli come il sole, ma perché sono i migliori amici del sole; sono così amici che lo seguono per tutta la loro vita, non possono vivere senza il sole. E costantemente, come tanti diligenti soldatini, lo aspettano. All'alba, infatti, quando il sole sorge, cioè quando nasce, i girasoli sono già tutti girati ad est e minuto dopo minuto lo seguono nel suo percorso fino a trovarsi a mezzogiorno in punto, con la testa rivolta in alto verso sud. Da lì, poi continuano a seguirlo fino al tramonto, quando tutti rivolti verso ovest si salutano augurandosi la buona notte. Ma neppure di notte stanno fermi i girasoli! Piano piano, senza svegliare nessuno, si girano lentissimamente verso est, in modo da essere già pronti a salutare il sole quando sorgerà.
Ebbene nel nostro campo di girasoli tutto funzionava per bene; i girasoli erano come fratelli tra loro, come dei buoni fratelli e ascoltavano sempre i consigli del loro saggio e vecchio papà, che gli parlava del buon fattore e li esortava sempre ad essere felici del loro aspetto e del loro compito. “Il nostro buon fattore non ci fa mai mancare il sole perché sa che è necessario per la nostra vita. Ci ha creati in un modo speciale; tutti, infatti, ci ammirano perché sappiamo seguire il viaggio del sole e sono affascinati dal nostro ciclo di vita e poi ci amano perché i nostri semi sono ricchi di un buonissimo olio”.
I girasoli non erano mai soli in quel prato; oltre ad avere una famiglia numerosa avevano anche tantissimi amici: ogni giorno ricevevano la visita delle api ma anche delle coccinelle e delle farfalle e delle formichine, che si radunavano nella corolla pelosa dei girasoli piccoli.
Tra questi girasoli ce n'era uno particolarmente... come dire... girellone! Tutti lo chiamavano Bussolotto, proprio per la sua precisione. Bussolotto, infatti era più preciso di una bussola nell'indicare l'est, il sud, l'ovest e il nord. A lui piaceva tanto seguire il sole ed era anche un gran chiacchierone. All'alba svegliava tutti i suoi fratelli: “sveglia ragazzi! Il sole sta sorgendo! Ehi tu, forza, apri bene quei petali, non vorrai mica farti trovare ancora addormentato!” Bussolotto stava crescendo proprio bene: era simpatico, gentile e... alto, ma così alto che riusciva a vedere l'orizzonte. E gli amici del prato si rivolgevano a lui per qualunque cosa. “Cosa dici Bussolotto, sarà un inverno mite?” “Eh no, caro mio. Vedo le cime delle montagne tutte bianche. Lassù è già nevicato ma non ti preoccupare, fratello, il buon fattore non farà mancare il sole neppure d'inverno!”.
“Sto morendo di freddo. Qua sotto, all'ombra si gela”, lamentava molto spesso Bertola la lucertola , e allora Bussolotto abbassava una sua foglia e dolcemente la appoggiava sulla sua corolla per prendere il sole.
Bussolotto dalla sua altezza teneva sotto controllo tutto il prato e si accorgeva subito se entrava qualche intruso: “Guarda che ti ho visto”, diceva a Pino il topino, quando cercava di arrampicarsi su qualche fratello girasole per rubare dei semini. “Scendi subito giù di lì, vai a rosicchiare qualcos'altro”.
Di notte, ai suoi piedi, offriva rifugio, nascondendoli sotto le sue lunghe foglie, ai ricci e agli scoiattoli che cercavano di non farsi acchiappare da quei cattivoni dei tassi e delle volpi.
Insomma Bussolotto era un girasole felice e faceva per bene il suo lavoro fino a quando... non si sa da dove, neppure portata da chi, arrivò in quel campo Vania la zizzania. Papà girasole aveva avvisato tutti i suoi figli di quanto fosse pericolosa, eh già perché Vania la zizzania non ha un aspetto tutto suo, ma una doppia faccia; assomiglia alla spiga del grano, anzi dice di essere una spiga di grano ma, state attenti!!!! non è così!!! lei entra nei campi, si mescola alle erbe, ai fiori e cerca di soffocarli. Certo, con i girasoli questo dispetto non le riesce, perché i girasoli sono alti, più crescono e più diventano alti, perciò Vania la zizzania decise di confonderli e siccome si accorse che Bussolotto era un girasole modello che ci teneva a fare sempre bella figura, decise di ingannare proprio lui.
Crebbe ai suoi piedi e all'inizio gli fece tanti complimenti, per la sua precisione, per la sua puntualità nel seguire il sole, per la sua disponibilità nell'aiutare gli amici, e quando conquistò la sua fiducia iniziò a confonderlo.... “Bussolotto, tu sei un bel girasole, anche molto bravo, ma a forza di seguire il sole e di guardarlo ti rovinerai sai, … perché i raggi del sole non fanno crescere i tuoi semi ma li fanno seccare e inoltre riempiono di rughe i tuoi petali, stai attento, io lo dico per il tuo bene”.... “Bussolotto, tu stai diventando proprio un bel girasole ma, non ti offendere, ci sono dei fiori molto più belli di te, ad esempio le rose che, pensa, sono profumatissime e vengono coltivate nei giardini e sono così preziose che per tutta la loro vita non lavorano mai, non si devono stancare per non sciuparsi e vengono servite in tutto e per tutto dai giardinieri: loro gli danno da bere, le proteggono dal caldo, dal freddo e da tutti gli insetti che portano solo delle malattie.... stai attento, sai io lo dico per il tuo bene, con tutte quelle formiche e quelle lucertole e quelle api sempre addosso...” “Bussolotto tu lavori proprio tanto e bene. Non meritavi proprio di nascere girasole per finire spremuto diventando un olio puzzolente, usato solo per friggere... meritavi di più... oh! Avresti dovuto nascere tulipano o orchidea, quelli sì che sono fiori importanti, costosi, mica sono fiori di campo... io lo dico proprio perché ti voglio bene e mi dispiace per te, per la fine che farai.”
E fu così che Bussolotto cambiò: prima allontanò tutti i suoi amici insetti, dicendo che lo sporcavano e lo facevano ammalare, poi decise di non essere più fratello degli altri girasoli. Andò dal padre e gli disse che, in quel campo, lui era sprecato; lui poteva fare molto di più nella vita, altro che olio di girasole... e così decise di partire. Aveva sentito dire, sempre da quella bugiarda di Vania, che in un paese lontano c'erano dei fiori bellissimi, che venivano curati solo per essere ammirati dai turisti che li andavano a vedere, addirittura pagando un biglietto.
Lui sarebbe diventato uno di quei fiori! Vania, però, non gli disse che in quel posto faceva molto freddo, che non era un posto adatto ai girasoli e che quei fiori coltivati erano solo tulipani. E se uno nasce girasole non può diventare tulipano! E così pensate che delusione per Bussolotto quando entrò nel parco: c'erano solo tulipani, di tutti i colori, bianchi, rossi, gialli, persino neri, ma solo tulipani.
Bussolotto venne tenuto solo perché, essendo alto, poteva fare ombra ai tulipani neri, una specie particolarmente brutta ed anche particolarmente rara. Già, perché i tulipani mica nascono per davvero neri, quelli erano stati modificati dagli umani ed erano delicatissimi, si ammalavano molto facilmente e trattavano Bussolotto come se fosse il loro servo: “Ehi tu spilungone, girati da questa parte e coprimi altrimenti il sole mi rovina e mi riempio di rughe”, diceva uno. “Ehi, cosa stai facendo? Perché ti sei mosso, non vedi che mi fai sparire l'ombra?”, si lamentava subito un altro. “Aiuto, aiuto, ho una formica sul mio prezioso petalo! Sicuramente è colpa di quello stupido girasole. Bussolotto toglimela immediatamente altrimenti ti faccio sradicare!” Insomma la sua vita era diventata un vero inferno in mezzo a quei fanatici e antipatici tulipani.
Tutte le persone che entravano nel parco, poi, cercavano di vedere assolutamente i tulipani neri, quei fiori fuori dal comune, che non si trovavano in nessun prato e a loro facevano mille complimenti per come gli umani erano riusciti a fargli venire quel colore nero, più nero del buio; a Bussolotto, niente! Se gli rivolgevano la parola era solo per prenderlo in giro: “Cosa ci fa questo girasole qui! Ah! Ah! Che buffo, e come è sproporzionato: il corpo magro magro e la testa grossa grossa! Deve essere sicuramente un gran testone! Ah ah! Che spilungone! Ah ah che gobbone, non riesce neppure a stare a testa alta”. E questo purtroppo era vero. In quel paese c'era poca luce e faceva sempre molto freddo; Bussolotto aveva bisogno del sole e le sue forze diminuivano sempre più. Nessuno si avvicinava neppure a dargli un po' d'acqua. Allora cominciò a ripensare al campo in cui era nato: come si stava bene con gli altri fratelli girasoli e quanto gli mancavano gli amici. Era stato proprio uno sciocco a credere alle parole di quella linguacciuta di Vania. E ora? Cosa poteva fare? Era stato lui ad andarsene... “Sono stato proprio uno sciocco... ben mi sta! Anche il sole mi ha abbandonato! È la punizione che mi merito!” Avrebbe avuto voglia di tornare indietro ma chissà come lo avrebbero accolto nel campo, tanto più che ora non era più bello e forte come una volta.
Ma fortunatamente Bussolotto ricordò le parole del fattore: “Vi ho fatti diversi, con altezze diverse, con colori diversi e con compiti diversi ma, ricordate, per me siete tutti ugualmente belli e preziosi! E io non vi abbandonerò mai!” Se il gran fattore aveva promesso di non abbandonarlo mai allora, forse, avrebbe potuto... sì avrebbe potuto.....
Si fece forza! Sarebbe ritornato a casa, a chiedere perdono al padre per la sua ambizione, per il suo orgoglio e se il padre non lo avesse accolto almeno avrebbe potuto seccare nella terra in cui era nato. Ma sapete cosa accadde?
Da quando Bussolotto era partito, il padre stava sempre rivolto verso ovest, attendendo il suo ritorno e quando il padre lo vide arrivare da lontano, avvisò tutti i suoi figli. Quel giorno accadde una cosa strana: i girasoli, anziché stare rivolti verso il sole, si girarono tutti verso Bussolotto per poterlo abbracciare con i loro petali e anche il sole allungò i suoi raggi illuminando il sentiero che riportava a casa Bussolotto.
Quel giorno nel campo ci fu una grande festa. Tutti furono invitati a festeggiare il ritorno di Bussolotto. E quale non fu la sua gioia nel sapere di essere stato perdonato e nel sapere che il gran fattore davvero non lo aveva mai abbandonato, neppure in quel paese lontano: infatti, attraverso le nuvole gli faceva arrivare dei tiepidi raggi di sole che gli avevano permesso di conservare ancora qualche forza.
E Vania la zizzania? Volete sapere cosa fece?
Quando Bussolotto tornò e tutto il campo decise di festeggiarlo, quella linguacciuta incominciò a dire a tutti che Bussolotto non meritava alcuna festa, ma semmai qualche bella punizione per aver fatto il testone e aver abbandonato tutti andandosene a fare la bella vita. Ma proprio mentre gridava queste cattiverie verso Bussolotto, passò di lì il riccio che Bussolotto tante volte aveva nascosto dai predatori. Il riccio iniziò a scavare, a scavare fino alle radici di Vania e poi la lasciò tutta “nuda” sulla terra, con le radici per aria. “Ehi! Brutto animale spinoso, rimettimi subito la terra sopra le radici o ti farò vedere io di cosa sono capace”.
Ma il riccio non potè mai vedere di cosa fosse capace Vania perché il tasso, anche lui invitato alla festa di Bussolotto, passando di lì e vedendo le fresche radici di Vania per aria, se le pappò in un sol boccone.
Allora mi spiego meglio... tutte le storie normali cominciano così: ”C'era una volta...” Vero? Invece questa, pensate, inizia proprio la volta che non c'era... già la volta che non c'era niente, ma niente di niente; non c'era il tempo, non c'erano la luce e il buio, non c'era lo spazio, capito! Non c'era niente, anzi non c'era neanche il niente... fino a quando il gran fattore.... Ehi ma sapete cosa vuol dire fattore???
Allora, vi aiuto un po'.... lo scrittore è qualcuno che scrive; lo sciatore è qualcuno che scia; il guidatore è qualcuno che guida; il lettore è qualcuno che legge; il corridore è qualcuno che corre... il fattore, dunque, è qualcuno che FA! Fa, fa, ma cosa fa???? Tutto! Il nostro buono e grande fattore fece, la volta che non c'era niente, tutto, ma non tutto insieme, tutto con ordine. Prime fece luce in mezzo al buio, poi fece l'acqua tra le terre e poi ci mise tanti animali e tante piante ed è proprio qui che si svolge la nostra storia. Quando, tra le piante e le erbe, mise i fiori, tante specie di bellissimi fiori, almeno così erano per il gran fattore: tutti belli e con un compito preciso. E il compito dei fiori non è di poco conto, sapete? Perché i fiori servono per tantissime cose... ad esempio servono per, per adesso ve lo dico, state attenti, … ho un lapsus momentaneo ma adesso vi dico.... ehi! Ma a cosa servono i fiori???
Servono a produrre i frutti: molti fiori si trasformano in frutti, nelle ciliegie, nelle fragole...; servono a produrre il polline che viene raccolto dalle apine, le bottinatrici, che volano di fiore in fiore, riempiono le loro borsette e tornano all'alveare piene zuppe, anche nelle zampine, di polline e così poi noi mangiamo il miele millefiori...formato appunto dal polline di tanti fiori; e poi non dimentichiamo che i fiori servono anche a dire delle cose, delle belle cose: ad esempio quando un ragazzo è innamorato di una ragazza cosa fa per dirglielo, per farglielo capire o per farla innamorare ancora di più, secondo voi??? Le regala un mazzo di carciofi, con qualche spinacio o broccoletto???
Provate!!! Provate a regalarglieli e vedrete cosa vi fa la vostra fidanzata, perché quegli ortaggi non servono per dire “ti voglio bene”, ma per fare il minestrone! Per dire “ti voglio bene” si regalano solitamente, delle rose rosse, delle orchidee, dei fiori delicati...; con le margherite poi si tirano i petali, dicendo m'ama non m'ama, m'ama non m'ama...
E poi, con i fiori si fanno i profumi: il profumo alla violetta, alla rosa, alla camelia... e con i profumi dei fiori si profumano le saponette, i bagnoschiuma... così anche noi profumiamo come i fiori, perché noi non siamo capaci di produrre del profumo con il nostro corpo... vi sembra profumo quello che producono i nostri piedi? O le nostre ascelle? Blehhh!!! meno male che ci sono i fiori!!! Insomma il grande e buon fattore dipinse la terra con i meravigliosi colori dei fiori: il giallo dei narcisi, il bianco delle stelle alpine, il rosso dei papaveri, l'azzurro dei fiordalisi, il viola delle viole... Tutti ugualmente belli e utili, almeno agli occhi del fattore. “Vi ho fatti diversi, con altezze diverse, con colori diversi e con compiti diversi ma, ricordate, per me siete tutti ugualmente belli e preziosi! E io non vi abbandonerò mai”
E loro, i fiori o meglio i girasoli, non lo dimenticarono... quasi tutti. Già perché la storia si svolge proprio in un campo di girasoli. Sapete cosa sono i girasoli? Sono dei fiori particolari: alti, con uno stelo magro magro e con una corolla grandissima. All'inizio, quando il girasole è piccolo, la corolla interna è marrone, pelosa, circondata da tanti piccoli petali verdi ma poi, crescendo, non solo diventa alto, i suoi peli si trasformano in semi disposti in un modo straordinario che si chiama sezione aurea e tutto attorno ai semi crescono dei meravigliosi petali gialli come il sole. Ma non è per questo che i girasoli si chiamano così, non perché sono gialli come il sole, ma perché sono i migliori amici del sole; sono così amici che lo seguono per tutta la loro vita, non possono vivere senza il sole. E costantemente, come tanti diligenti soldatini, lo aspettano. All'alba, infatti, quando il sole sorge, cioè quando nasce, i girasoli sono già tutti girati ad est e minuto dopo minuto lo seguono nel suo percorso fino a trovarsi a mezzogiorno in punto, con la testa rivolta in alto verso sud. Da lì, poi continuano a seguirlo fino al tramonto, quando tutti rivolti verso ovest si salutano augurandosi la buona notte. Ma neppure di notte stanno fermi i girasoli! Piano piano, senza svegliare nessuno, si girano lentissimamente verso est, in modo da essere già pronti a salutare il sole quando sorgerà.
Ebbene nel nostro campo di girasoli tutto funzionava per bene; i girasoli erano come fratelli tra loro, come dei buoni fratelli e ascoltavano sempre i consigli del loro saggio e vecchio papà, che gli parlava del buon fattore e li esortava sempre ad essere felici del loro aspetto e del loro compito. “Il nostro buon fattore non ci fa mai mancare il sole perché sa che è necessario per la nostra vita. Ci ha creati in un modo speciale; tutti, infatti, ci ammirano perché sappiamo seguire il viaggio del sole e sono affascinati dal nostro ciclo di vita e poi ci amano perché i nostri semi sono ricchi di un buonissimo olio”.
I girasoli non erano mai soli in quel prato; oltre ad avere una famiglia numerosa avevano anche tantissimi amici: ogni giorno ricevevano la visita delle api ma anche delle coccinelle e delle farfalle e delle formichine, che si radunavano nella corolla pelosa dei girasoli piccoli.
Tra questi girasoli ce n'era uno particolarmente... come dire... girellone! Tutti lo chiamavano Bussolotto, proprio per la sua precisione. Bussolotto, infatti era più preciso di una bussola nell'indicare l'est, il sud, l'ovest e il nord. A lui piaceva tanto seguire il sole ed era anche un gran chiacchierone. All'alba svegliava tutti i suoi fratelli: “sveglia ragazzi! Il sole sta sorgendo! Ehi tu, forza, apri bene quei petali, non vorrai mica farti trovare ancora addormentato!” Bussolotto stava crescendo proprio bene: era simpatico, gentile e... alto, ma così alto che riusciva a vedere l'orizzonte. E gli amici del prato si rivolgevano a lui per qualunque cosa. “Cosa dici Bussolotto, sarà un inverno mite?” “Eh no, caro mio. Vedo le cime delle montagne tutte bianche. Lassù è già nevicato ma non ti preoccupare, fratello, il buon fattore non farà mancare il sole neppure d'inverno!”.
“Sto morendo di freddo. Qua sotto, all'ombra si gela”, lamentava molto spesso Bertola la lucertola , e allora Bussolotto abbassava una sua foglia e dolcemente la appoggiava sulla sua corolla per prendere il sole.
Bussolotto dalla sua altezza teneva sotto controllo tutto il prato e si accorgeva subito se entrava qualche intruso: “Guarda che ti ho visto”, diceva a Pino il topino, quando cercava di arrampicarsi su qualche fratello girasole per rubare dei semini. “Scendi subito giù di lì, vai a rosicchiare qualcos'altro”.
Di notte, ai suoi piedi, offriva rifugio, nascondendoli sotto le sue lunghe foglie, ai ricci e agli scoiattoli che cercavano di non farsi acchiappare da quei cattivoni dei tassi e delle volpi.
Insomma Bussolotto era un girasole felice e faceva per bene il suo lavoro fino a quando... non si sa da dove, neppure portata da chi, arrivò in quel campo Vania la zizzania. Papà girasole aveva avvisato tutti i suoi figli di quanto fosse pericolosa, eh già perché Vania la zizzania non ha un aspetto tutto suo, ma una doppia faccia; assomiglia alla spiga del grano, anzi dice di essere una spiga di grano ma, state attenti!!!! non è così!!! lei entra nei campi, si mescola alle erbe, ai fiori e cerca di soffocarli. Certo, con i girasoli questo dispetto non le riesce, perché i girasoli sono alti, più crescono e più diventano alti, perciò Vania la zizzania decise di confonderli e siccome si accorse che Bussolotto era un girasole modello che ci teneva a fare sempre bella figura, decise di ingannare proprio lui.
Crebbe ai suoi piedi e all'inizio gli fece tanti complimenti, per la sua precisione, per la sua puntualità nel seguire il sole, per la sua disponibilità nell'aiutare gli amici, e quando conquistò la sua fiducia iniziò a confonderlo.... “Bussolotto, tu sei un bel girasole, anche molto bravo, ma a forza di seguire il sole e di guardarlo ti rovinerai sai, … perché i raggi del sole non fanno crescere i tuoi semi ma li fanno seccare e inoltre riempiono di rughe i tuoi petali, stai attento, io lo dico per il tuo bene”.... “Bussolotto, tu stai diventando proprio un bel girasole ma, non ti offendere, ci sono dei fiori molto più belli di te, ad esempio le rose che, pensa, sono profumatissime e vengono coltivate nei giardini e sono così preziose che per tutta la loro vita non lavorano mai, non si devono stancare per non sciuparsi e vengono servite in tutto e per tutto dai giardinieri: loro gli danno da bere, le proteggono dal caldo, dal freddo e da tutti gli insetti che portano solo delle malattie.... stai attento, sai io lo dico per il tuo bene, con tutte quelle formiche e quelle lucertole e quelle api sempre addosso...” “Bussolotto tu lavori proprio tanto e bene. Non meritavi proprio di nascere girasole per finire spremuto diventando un olio puzzolente, usato solo per friggere... meritavi di più... oh! Avresti dovuto nascere tulipano o orchidea, quelli sì che sono fiori importanti, costosi, mica sono fiori di campo... io lo dico proprio perché ti voglio bene e mi dispiace per te, per la fine che farai.”
E fu così che Bussolotto cambiò: prima allontanò tutti i suoi amici insetti, dicendo che lo sporcavano e lo facevano ammalare, poi decise di non essere più fratello degli altri girasoli. Andò dal padre e gli disse che, in quel campo, lui era sprecato; lui poteva fare molto di più nella vita, altro che olio di girasole... e così decise di partire. Aveva sentito dire, sempre da quella bugiarda di Vania, che in un paese lontano c'erano dei fiori bellissimi, che venivano curati solo per essere ammirati dai turisti che li andavano a vedere, addirittura pagando un biglietto.
Lui sarebbe diventato uno di quei fiori! Vania, però, non gli disse che in quel posto faceva molto freddo, che non era un posto adatto ai girasoli e che quei fiori coltivati erano solo tulipani. E se uno nasce girasole non può diventare tulipano! E così pensate che delusione per Bussolotto quando entrò nel parco: c'erano solo tulipani, di tutti i colori, bianchi, rossi, gialli, persino neri, ma solo tulipani.
Bussolotto venne tenuto solo perché, essendo alto, poteva fare ombra ai tulipani neri, una specie particolarmente brutta ed anche particolarmente rara. Già, perché i tulipani mica nascono per davvero neri, quelli erano stati modificati dagli umani ed erano delicatissimi, si ammalavano molto facilmente e trattavano Bussolotto come se fosse il loro servo: “Ehi tu spilungone, girati da questa parte e coprimi altrimenti il sole mi rovina e mi riempio di rughe”, diceva uno. “Ehi, cosa stai facendo? Perché ti sei mosso, non vedi che mi fai sparire l'ombra?”, si lamentava subito un altro. “Aiuto, aiuto, ho una formica sul mio prezioso petalo! Sicuramente è colpa di quello stupido girasole. Bussolotto toglimela immediatamente altrimenti ti faccio sradicare!” Insomma la sua vita era diventata un vero inferno in mezzo a quei fanatici e antipatici tulipani.
Tutte le persone che entravano nel parco, poi, cercavano di vedere assolutamente i tulipani neri, quei fiori fuori dal comune, che non si trovavano in nessun prato e a loro facevano mille complimenti per come gli umani erano riusciti a fargli venire quel colore nero, più nero del buio; a Bussolotto, niente! Se gli rivolgevano la parola era solo per prenderlo in giro: “Cosa ci fa questo girasole qui! Ah! Ah! Che buffo, e come è sproporzionato: il corpo magro magro e la testa grossa grossa! Deve essere sicuramente un gran testone! Ah ah! Che spilungone! Ah ah che gobbone, non riesce neppure a stare a testa alta”. E questo purtroppo era vero. In quel paese c'era poca luce e faceva sempre molto freddo; Bussolotto aveva bisogno del sole e le sue forze diminuivano sempre più. Nessuno si avvicinava neppure a dargli un po' d'acqua. Allora cominciò a ripensare al campo in cui era nato: come si stava bene con gli altri fratelli girasoli e quanto gli mancavano gli amici. Era stato proprio uno sciocco a credere alle parole di quella linguacciuta di Vania. E ora? Cosa poteva fare? Era stato lui ad andarsene... “Sono stato proprio uno sciocco... ben mi sta! Anche il sole mi ha abbandonato! È la punizione che mi merito!” Avrebbe avuto voglia di tornare indietro ma chissà come lo avrebbero accolto nel campo, tanto più che ora non era più bello e forte come una volta.
Ma fortunatamente Bussolotto ricordò le parole del fattore: “Vi ho fatti diversi, con altezze diverse, con colori diversi e con compiti diversi ma, ricordate, per me siete tutti ugualmente belli e preziosi! E io non vi abbandonerò mai!” Se il gran fattore aveva promesso di non abbandonarlo mai allora, forse, avrebbe potuto... sì avrebbe potuto.....
Si fece forza! Sarebbe ritornato a casa, a chiedere perdono al padre per la sua ambizione, per il suo orgoglio e se il padre non lo avesse accolto almeno avrebbe potuto seccare nella terra in cui era nato. Ma sapete cosa accadde?
Da quando Bussolotto era partito, il padre stava sempre rivolto verso ovest, attendendo il suo ritorno e quando il padre lo vide arrivare da lontano, avvisò tutti i suoi figli. Quel giorno accadde una cosa strana: i girasoli, anziché stare rivolti verso il sole, si girarono tutti verso Bussolotto per poterlo abbracciare con i loro petali e anche il sole allungò i suoi raggi illuminando il sentiero che riportava a casa Bussolotto.
Quel giorno nel campo ci fu una grande festa. Tutti furono invitati a festeggiare il ritorno di Bussolotto. E quale non fu la sua gioia nel sapere di essere stato perdonato e nel sapere che il gran fattore davvero non lo aveva mai abbandonato, neppure in quel paese lontano: infatti, attraverso le nuvole gli faceva arrivare dei tiepidi raggi di sole che gli avevano permesso di conservare ancora qualche forza.
E Vania la zizzania? Volete sapere cosa fece?
Quando Bussolotto tornò e tutto il campo decise di festeggiarlo, quella linguacciuta incominciò a dire a tutti che Bussolotto non meritava alcuna festa, ma semmai qualche bella punizione per aver fatto il testone e aver abbandonato tutti andandosene a fare la bella vita. Ma proprio mentre gridava queste cattiverie verso Bussolotto, passò di lì il riccio che Bussolotto tante volte aveva nascosto dai predatori. Il riccio iniziò a scavare, a scavare fino alle radici di Vania e poi la lasciò tutta “nuda” sulla terra, con le radici per aria. “Ehi! Brutto animale spinoso, rimettimi subito la terra sopra le radici o ti farò vedere io di cosa sono capace”.
Ma il riccio non potè mai vedere di cosa fosse capace Vania perché il tasso, anche lui invitato alla festa di Bussolotto, passando di lì e vedendo le fresche radici di Vania per aria, se le pappò in un sol boccone.